Se i legami forti avessero un sapore, sarebbe quello di un buon caffè. A volte con il caffè si condividono preoccupazioni, come racconta Ombretta: “la signora che chiamo è molto preoccupata per il coronavirus, perciò quando ci sentiamo cerco di rassicurarla”. Altre volte intorno a una tazzina fumante si trova il piacere di raccontare e ascoltarsi, come succede a Susi con la “sua” signora: “facciamo telefonate molto lunghe, anche se ora abbiamo ridotto un po’ i tempi”. Ombretta e Susi, con Elena e Camilla, sono le quattro volontarie di “Un caffè al telefono e non solo”, il Patto di Collaborazione sottoscritto a settembre dello scorso anno con l’amministrazione di Padenghe sul Garda per curare un bene comune messo a dura prova dagli ultimi mesi: le relazioni.

L’ultimo anno ha reso tutti un po’ più soli: il lockdown totale e poi le restrizioni da zona gialla, arancione, rossa. Il distanziamento fisico. I locali e luoghi di ritrovo chiusi e poi aperti e poi di nuovo chiusi. Qualcuno, come le persone anziane e fragili e chi vive solo, si è ritrovato più isolato degli altri.

“Un caffè al telefono e non solo” è nato per non lasciare che la solitudine inghiottisse i cittadini più fragili: l’amministrazione di Padenghe e le volontarie – con il supporto di Legami Leali, progetto di welfare comunitario attivo nei 22 Comuni del Garda bresciano che promuove percorsi di cura condivisa di beni nell’interesse della collettività – si sono impegnate a realizzare insieme un servizio di compagnia dedicato alle persone sole: brevi momenti di incontro, giusto il tempo di un caffè, alcune volte a settimana. Di norma per telefono, ma anche, quando le disposizioni lo hanno consentito, in presenza: una passeggiata con i cani, una spesa insieme.

Piccole azioni, insomma, ma di grandissimo impatto: le persone che hanno beneficiato delle telefonate – inizialmente quattro, una per volontaria – sono entusiaste dell’iniziativa. Qualcuna ha anche acquistato uno smartphone per installare un’applicazione di messaggistica e poter così organizzarsi meglio con la “sua” volontaria.

Il momento della chiamata o della passeggiata diventa confronto, ascolto e aiuto reciproco. Nel tempo, quello che era nato come un servizio è divenuto più simile a un’amicizia, in cui ci si chiama perché ci si pensa ed è un piacere sentirsi, raccontarsi la propria giornata, scambiarsi emozioni. E in cui si finisce per arricchirsi: “diventa uno scambio con moltissimo affetto” racconta Camilla, che partecipa anche al servizio di spesa a domicilio per le persone anziane o sole. Una signora, qualche tempo fa, l’ha invitata in casa per preparare insieme il pesto. “Ci sono piccole cose che per una persona che magari non ha nessuno vogliono dire molto. Sarebbe molto bello se arrivassero nuovi volontari”.

E in effetti l’amministrazione di Padenghe sta cercando nuovi cittadini interessati a entrare nel Patto e portarlo avanti assieme alle quattro volontarie antesignane. Un po’ per l’impatto positivo dell’esperienza di questi mesi; ma anche perché l’incertezza della pandemia non sembra accennare ad affievolirsi e diventa sempre più importante intrecciare e mantenere relazioni salde, in grado di resistere alla distanza. Le volontarie hanno visto crescere il disagio delle signore coinvolte nelle telefonate già con l’istituzione della zona rossa lo scorso autunno. “La signora che chiamo” racconta Elena “mi ha chiesto sin da subito di venire di persona, a volte ho passato da lei anche un’ora. Parlare per telefono, invece, è più difficile, perché la signora è proprio sola. Le nostre telefonate si sono allungate, ma di persona è tutta un’altra storia”.

Ora che i contagi hanno rialzato la testa, vanno riaffacciandosi nuove difficoltà e la paura di un altro isolamento. L’esperienza del “caffè al telefono, ma non solo”, di fronte all’incertezza, può essere un grande aiuto perché la distanza fisica non si trasformi (di nuovo) in solitudine.